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febbraio 2013
GLI AIRONI
fotofotoCon il termine trampolieri si intendono quegli uccelli caratterizzati da un collo e da zampe particolarmente lunghe, da uno stretto legame con gli ambienti umidi e da un’attitudine migratoria. A questo gruppo appartengono cicogne, aironi, ibis, fenicotteri e gru.

L’airone è stato spesso considerato simbolo di sapienza sia in Oriente che in Occidente e perfino in America; i Greci lo consideravano sacro ad Atena, dea della sapienza, delle arti e delle scienze, e Omero così ne scrive nell’Iliade: “E presso la via da destra mandò loro [a Odisseo e Diomede] un airone Pallade Atena; con gli occhi non lo vedevano entro la notte buia, ma ne udirono il grido; si rallegrò dell’uccello Odisseo e pregò Atena”.

Charbonneau-Lassay nella sua opera, Il bestiario del Cristo, accosta il simbolismo dell’airone al Cristo stesso, a raffigurare la Sapienza divina e così scrive: “È notevole che questa idea di sapienza la cui fonte è divina, sia stata quasi ovunque simboleggiata dall’airone: presso gli antichi Greci, presso i Toltechi dell’America precolombiana, presso i simbolisti mistici dell’Estremo Oriente durante il periodo cristiano medievale. Quindi, perché anche questi ultimi non avrebbero dovuto consacrare tale carattere simbolico dell’airone a Colui che la Chiesa, attraverso un testo ufficiale, implora come la sapienza eterna?”.

Plinio il Vecchio sosteneva che l’airone fosse un uccello benaugurante; se lo si vedeva volare verso il sud o verso il nord era di ottimo augurio, poiché si narrava che questo uccello liberasse dai pericoli e dalle paure.

L’airone cenerino (Ardea cinerea) deve il suo nome al colore del piumaggio della parte superiore del corpo. È la specie più diffusa in Europa e le popolazioni che occupano le aree più settentrionali migrano verso sud durante l’inverno alla ricerca di acque libere dai ghiacci mentre altri migrano in Europa occidentale; nella maggior parte dell’Europa meridionale molte popolazioni sono però diventate stanziali, cosicché è possibile osservarli durante tutto l’anno.

Proprio a causa della sua colorazione e delle sue abitudini solitarie, nel Medioevo veniva indicato come simbolo della penitenza; in altre epoche alcuni videro in esso raffigurata l’immagine di Cristo abbandonato nell’Orto degli Ulivi, in questo ispirati da uno scritto di Plinio il Vecchio nel quale si riferiva che l’airone piange lacrime di sangue quando è oppresso da una grande dolore.

Nel Physiologus, un testo scritto tra il II e il III secolo d.C. che rappresenta l’antesignano di tutti i bestiari di epoca medievale, l’airone viene accostato al fedele che evita i luoghi frequentati dagli eretici e i loro insegnamenti, seguendo solo quelli del Signore: “Il Fisiologo ha detto: questo uccello è assai prudente, più di molti altri uccelli. Ha un solo nido e una sola dimora: non cerca molti nidi, ma là dove costruisce il proprio, ivi anche si nutre e dorme; non mangia corpi morti né vola in molti luoghi: il suo nido e il suo nutrimento sono in un sol luogo. Anche tu, o fedele, non cercare in molti luoghi degli eretici: tuo solo nido sia la Santa Chiesa di Dio, e tuo solo nutrimento il pane disceso dal cielo, il Signore nostro Gesù Cristo, e non toccare i morti insegnamenti, se vuoi ricevere il ben cotto pane celeste, e non cercare in molti luoghi degli eretici”.

L’occhio chiaro dell’airone ha invece ispirato diverse simbologie in India, in questo caso con connotazioni negative; esso viene infatti rappresentato come simbolo della malvagità.

Una storia indiana narra di un airone, ormai anziano, che decise di escogitare un modo per catturare i pesci senza compiere alcuno sforzo. Con fare dimesso si recò quindi sulle sponde di un lago dove venne subito avvicinato da un granchiolino e da una moltitudine di pesci, che gli domandarono come mai quel giorno non cacciasse come al solito. L’airone rispose di essere depresso perché aveva sentito gli uomini che, passando sulle rive di questo lago, avevano deciso di gettare le reti per catturare tutti i pesci. I pesci angosciati gli chiesero aiuto per salvarsi e lui si offrì di trasferirli in un altro lago più sicuro. Questi accettarono e l’airone, descritto come “malvagio nell’animo”, li trasportò uno a uno, per poi divorarli con facilità. A questo punto l’airone, sazio di pesci, decise di divorarsi anche il granchiolino e lo prese depositandolo su una roccia dove erano presenti i resti dei suoi amici pesci. Il granchiolino, resosi conto dell’inganno, prima di essere inghiottito dall’airone, gli tagliò la testa con le chele e la portò al lago per mostrarla agli altri pochi pesci sopravvissuti. In questa storia l’airone incarna quindi la malvagità ma anche il raggiro e il tradimento.

Tra gli altri aironi, l’airone bianco maggiore (Egretta alba) è quello di dimensioni maggiori, fino a 1,7 metri di altezza; ha un abito completamente bianco ed è una specie parzialmente migrante, esistono cioè popolazioni che migrano regolarmente nelle regioni mediterranee e in Africa e altre che sono invece stanziali. Diversamente la sua parente più piccola, la garzetta (Egretta garzetta), è una specie solamente migratrice che sverna in Africa e in Medio Oriente; seppur simile morfologicamente all’airone bianco è facilmente distinguibile da questo per le sue dimensioni inferiori, al massimo 106 centimetri di altezza, per le sue zampe quasi nere con le dita gialle e per la presenza di una lunga penna bianca sulla nuca dei maschi in livrea estiva.

Un parente più raro dell’airone cenerino è l’airone rosso (Ardea purpure); d’aspetto simile, ma di color ruggine con il dorso e le penne copritrici alari e la coda grigio-azzurri.

Esiste un airone che ha abitudini notturne, la nitticora (Nycticorax nycticorax); il suo nome scientifico significa letteralmente “corvo notturno”, e deriva dal fatto che nelle ore notturne questi uccelli sono soliti volteggiare sugli specchi d’acqua, emettendo versi che in un qualche modo ricordano quello dei corvi. Sono di dimensioni inferiori rispetto agli altri aironi e migrano in Africa in autunno, per poi tornare in Europa tra marzo e aprile.

Tutti gli aironi nidificano in colonie e si nutrono di pesci, rane, piccoli rettili, molluschi e insetti; catturano le prede utilizzando una tecnica di caccia detta “alla posta”, cioè restano immobili aspettando che la preda si avvicini e quando è a tiro la infilzano con il becco effettuando uno scatto veloce e fulmineo con il loro lungo collo. In volo gli aironi sono facilmente riconoscibili per la posizione del collo a “S”.

A questo gruppo appartiene anche il tarabuso (Botaurus stellaris) che è più schivo rispetto agli altri aironi e anche piuttosto solitario; il tarabuso ha una colorazione di fondo marrone scura, cosparsa da numerose strisce e macchie che lo rendono praticamente invisibile tra i canneti, dove questo uccello solitamente nidifica. Il suo nome deriva dal latino taurur e bos per ricordare il potente verso, simile a un muggito, che il maschio emette durante la stagione degli amori.

Questo gruppo di uccelli è presente, praticamente, in tutto il mondo ad eccezione delle regioni dell’Antartico e di quelle settentrionali dei continenti asiatico e nord-americano.

Tutti i rappresentanti di questa famiglia sono considerati a rischio di estinzione in Italia e per questo motivo sono inseriti nel Libro Rosso del WWF.


Testi tratti parzialmente dalla collana “Atlante degli animali” del Corriere della Sera, anno 2006
Gianluca Ferretti
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