febbraio 2018
STELLE E ANIMALI DEI FONDALI MARINI: LE SPUGNE
Esistono circa 50.000 specie di spugne nei fondali degli oceani e solo 20 sono diffuse invece nelle acque dolci. Appartengono al phylum dei Poriferi e sono organismi pluricellulari molto antichi caratterizzati dalla mancanza veri e propri tessuti. Possiedono una camera centrale, chiamata spongocele, ricoperta da numerose cellule munite di un flagello, chiamate coanociti, che hanno il compito di permettere il passaggio e la circolazione dell’acqua e di filtrarla, trattenendo le particelle alimentari.

Attraverso un’apertura principale, detta osculo, lo spongocele resta in comunicazione con l’ambiente esterno. Nello strato epidermico esterno sono presenti altre cellule specializzate a forma tubulare, dette porociti, che hanno il compito di permettere il flusso d’acqua all’interno della spugna. Sono inoltre presenti delle strutture di varia forma e natura, dette spicole, che possono essere calcaree o silicee e che hanno il compito di sostenere l’intero organismo. Legate ai coanociti vi sono altre cellule specializzate, dette amebociti, che collaborano con i coaniciti alle funzioni digestive.

Le dimensioni delle spugne sono estremamente variabili: alcune sono microscopiche e altre possono superare i due metri di lunghezza. Anche la forma e il colore variano a seconda delle specie, possono essere tubulari, a forma di canna d’organo o di orecchia d’elefante, ramificate, a coppa o a ventaglio; i colori possono essere spenti o particolarmente vistosi, per lo più nelle tonalità del giallo e del rosso.

Le spugne sono animali filtratori e si nutrono quindi dei batteri e dei detriti organici presenti nell’acqua; l’ossigeno e le sostanze organiche vengono quindi assorbite e le sostanze di rifiuto eliminate.

La riproduzione è, per la maggior parte delle spugne, asessuale e avviene per gemmazione dei nuovi individui direttamente dal corpo della spugna genitrice, oppure può avvenire per frammentazione, con distacco cioè di piccole parti dal corpo di una spugna, dalle quale si originerà un nuovo individuo. Alcune possono riprodursi anche sessualmente e in questo caso lo sperma viene liberato direttamente nell’acqua; esso andrà a fecondare le uova che si originano dagli amebociti.
I Poriferi sono suddivisi in tre classi:
- Calcispongie o spugne calcaree, caratterizzate da uno scheletro composto di spicole calcaree
- Esattinellidi o Ialospongie, caratterizzate dalla presenza di spicole silicee
- Demospongie, caratterizzate dalla presenza di spicole silicee e di fibra di spongina

Le spugne sono diffuse in tutti i mari del mondo e in particolare sono più abbondanti sui substrati solidi, a causa della loro scarsa adattabilità sui fondali sabbiosi e fangosi; sono presenti nelle zone di marea fino a profondità abissali, oltre gli 8500 metri. Gli individui della famiglia Spongillidae si sono invece adattati alle acque dolci di fiumi e laghi.

I nemici naturali delle spugne sono alcuni molluschi marini, come i nudibranchi, i chitoni, le stelle marine, le tartarughe e alcuni pesci tropicali.
Esistono anche spugne velenose, come per esempio la gigantesca spugna dei Caraibi (Cribochalina vasculum); altre spugne di minori dimensioni, come la spugna fuoco dei Caraibi (Neofibularia nolitangere), sono particolarmente pericolose anche per l’uomo, basta infatti solo sfiorarla che provocano delle ferite simili a delle ustioni.

Le spugne da bagno
Fin dai tempi più antichi le spugne sono state pescate nel Mar Mediterraneo. L’uomo le utilizza soprattutto per la loro capacità di assorbire l’acqua, per le fibre particolarmente elastiche di spongina, che se spremute la lasciano fuoriuscire. Sono diverse le specie di spugne che vengono comunemente raccolte, in particolar modo al largo della Florida e della Grecia: tra le più importanti vi sono la Spongia officinalis, che possiede uno scheletro a maglie molto fini, e la Hippospongia equina, con uno scheletro a maglie più grandi.

Crescono su fondali rocciosi dal limite della bassa marea fino a grandi profondità e vengono raccolte per mezzo di un gancio attaccato alla chiglia di una imbarcazione o dai pescatori subacquei. Una volta lasciate essiccare al sole, le spugne vengono sottoposte ad un processo di sbiancamento, a volte di colorazione e successivamente di taglio nelle forme classiche. In pratica ciò che viene alla fine utilizzato di una spugna è il suo scheletro di spongina.

Le spugne sono anche coltivate, ma negli ultimi anni, per fortuna, si preferisce utilizzare spugne sintetiche, prodotte artificialmente.



Testi tratti parzialmente dalla collana “Atlante degli animali” del Corriere della Sera, anno 2006.
Gianluca Ferretti e Michela Sugni

 
stampa articolo
Politica dei Cookie       -       Design & Animation: Filippo Vezzali - HTML & DB programming: Alain Franzoni