aprile 2018
ZINO PENSIERO : Gli effetti delle letture su alcuni personaggi delle novelle pirandelliane.
Anche i personaggi di Pirandello possiedono basi culturali solide e sono capaci di impreziosire con opportuni riferimenti dotti un loro stato d’animo, una situazione imbarazzante, una banale difficoltà: la cultura, in fondo, è un abito che si può indossare in ogni evenienza, anche in quella più antipatica.
Nella novella L’Ave Maria di Bobbio,(L. Lugnani, NUA, II, p. 657), il protagonista, il notaio Bobbio “ormai senza fede e scettico”, afflitto da un doloroso mal di denti, decide di recarsi dal dentista. Per strada gli viene spontaneo, davanti ad una immagine della Madonna, di recitare una Ave Maria. Il mal di denti scompare immediatamente. La sua mentalità razionale viene così messa in discussione.
Poi, a casa si rilassa disteso sulla greppina del suo studio e prende in mano il primo volume degli Essais di Montaigne. “Leggeva il capitolo XXVII, ov’è dimostrato che c’est folie de raporter le vray e le faux à notre suffisance. Era, non ostante quel risolino scettico, alquanto inquieto e, leggendo, si passava di tratto in tratto una mano sulla guancia destra. Montaigne diceva: . (Ivi, p. 660).
Bobbio non crede ai miracoli e nemmeno a quello che sostiene Montaigne. E, quando gli succede una seconda volta, recita di nuovo l’Ave Maria e il mal di denti finisce.
In segno di protesta perfino contro Montaigne e contro Sant’Agostino, si avvia dal dentista per farsi estrarre il dente !
Un altro – donchisciottesco - personaggio è don Filippino Lo Cicero “un po’ svanito di cervello”. (L. Lugnani, Il fumo, NUA, I, p. 1003). “Leggeva dalla mattina alla sera certi libracci latini, e viveva solo in campagna con una scimmia che gli avevano regalata. La scimmia si chiamava Tita; era vecchia e tisica per giunta. Don Filippino la curava come una figliola, la carezzava, s’assoggettava senza mai ribellarsi a tutti i capricci di lei; con lei parlava tutto il giorno, certissimo d’esser compreso. E quando essa, triste per la malattia, se ne stava arrampicata sulla trabacca del letto, ch’era il suo posto preferito, egli su la poltrona, si metteva a leggerle qualche squarcio delle Georgiche o delle Bucoliche: -Tityre, tu patulae …
Ma quella lettura era di tratto in tratto interrotta da certi soprassalti d’ammirazione curiosissimi: a qualche frase, a qualche espressione, talvolta anche per una semplice parola, di cui don Filippino comprendeva la squisita proprietà o gustava la dolcezza, posava il libro sulle ginocchia, socchiudeva gli occhi e si metteva a dire celerissimamente: - Bello! bello! bello! bello! Bello! – abbandonandosi man mano sulla spalliera, come se svenisse dal piacere. Tita allora scendeva dalla trabacca e gli montava su petto, angustiata, costernata; don Filippino la abbracciava e le diceva al colmo della gioja: - Senti, Tita,senti … Bello! bello! bello! bello! bello!”.
La conoscenza della lingua latina e la sua declamazione caratterizzano il personaggio di Luca Pignolo ( nomen omen!), che era stato cresciuto dallo zio prete, il quale gli aveva inculcato “col beato ozio, il suo fervore per la lingua latina.” (L. Lugnani, Un’altra allodola, NUA, I, p. 379).
Pirandello con brevi schizzi delinea un personaggio eccentrico, come al solito avulso dalla realtà e dal tempo, immerso nei suoi pensieri e nella logica unilaterale della sua esistenza. “Luca pareva vivesse tra le nuvole: se ne stava appartato, chiuso sempre in camera sua, ove “bestemmiava, passeggiando, ad altissima voce”.
Così dicevano le tre sorelle; ma in verità Luca declamava con molta espressione versi di Catullo: “Quaeris quot mihi basationis/tuae, Lesbia, sint satis superque…” e terminava con lenta dizione, a lunghe pause, quasi in un bisbiglo appassionato, intercalando in fine il suo nome al posto di quello del paoeta latino, così:
Tam …te …basia multa… basiare/vesano satis… et supra… Pignolost…/ quae… nec pernumerare… curiosi possint…/ nec mala… fascinare lingua… “(Ibidem).
C’è da notare la sostituzione dell’originale Catullost con l’ironico Pignolost, con l’implicita allusione al suo cognome.
Per le tre sorelle il latino, letto metricamente, era un bestemmiare!
Zino Pecoraro (Pubblicato anche su Facebook e su La Sicilia del 18 marzo 2018)