DI NECESSITA', VIRTU' 9
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Una torre fotovoltaica per produrre energia risparmiando spazio.

La torre solare creata da Three Sixty Solar ha dato prova di saper resistere a venti di uragano di categoria 1.

Una torre fotovoltaica per usare il 90% di suolo in mano

Il nuovo trend dei pannelli solari verticali ha da oggi un’evoluzione che sfrutta il più possibile lo spazio in altezza anziché in lunghezza.

È la torre fotovoltaica di Three Sixty Solar, azienda canadese con sede a Vancouver.

La società realizza sistemi impilati alti dai 12 ai 36 metri, progettati per sfruttare l’energia del sole dove lo spazio disponibile è poco.

Con una potenza di picco fino a 250 kW, la torre fotovoltaica promette di ridurre i costi associati allo sviluppo senza danneggiare l’ambiente o gli habitat circostanti.

Ogni unità possiede tre lati completamente coperti da pannelli solari verticali, pertanto la potenza finale dipende essenzialmente dall’orientamento della struttura che non potrà mai garantire la resa massima possibile. In compenso l’effetto camino all’interno delle torri aiuta a dissipare il calore aumentando la resa.

In questi giorni la società ha pubblicato un White Paper contenente i risultati di 16 mesi di test.

Sedici mesi in cui la torre fotovoltaica dimostrativa realizzata a Kelowna, nel British Columbia ha dato prova di resistere a condizioni meteo particolarmente aggressive.

Da una feroce tempesta con raffiche di vento fino a 135 km/h a pioggia intensa, grandine e neve.
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Non solo. Nel gennaio 2023 sono stati condotti test sull’effetto della sporcizia sui pannelli, scoprendo che dopo un anno i moduli non avevano subito alcuna variazione della tensione o della corrente.

E il posizionamento verticale dei pannelli aveva consentito a tutta la neve di staccarsi dalla torre senza intervento umano.

“… La riduzione delle attività di manutenzione permette di ridurre i costi operativi e migliorare l’economia di un progetto. Sono molto contento di come la torre abbia resistito all’ambiente canadese”.

Fonte: Rinnovabili,it. 3 marzo 2023

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Ulta Chaata: l'ombrello magico che può dare acqua e luce all'India.

La start-up indiana Thinkphi porta acqua potabile ed energia rinnovabile in India con un innovativo ombrello solare finora sottovalutato.

C'è una bellissima invenzione che sta emergendo in India, e non è l'ennesimo gadget tecnologico di dubbia utilità.

Si chiama Ulta Chaata, ed è una sorta di ombrello rovesciato che raccoglie l'acqua piovana e la trasforma in acqua potabile, con un bonus: produce anche energia elettrica grazie ai pannelli solari.…

Per diffondere l'idea, Priya e Samit Choksi, marito e moglie con la passione per la natura e l'ambiente, hanno fondato la start-up Thinkphi.

Il loro obiettivo? Creare prodotti che favoriscano un uso intelligente delle risorse naturali

. E Ulta Chaata è il primo prodotto che hanno brevettato
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Un grosso ombrello rovesciato alto 4 metri, lungo 4 metri, largo 4 metri. Stop.

Quando piove, l'acqua viene raccolta e convogliata verso un sistema di filtraggio presente nel terreno.

Il filtraggio a carbone attivo rende l'acqua potabile e conforme agli standard dell'OMS.

Un solo Ulta Chaata può raccogliere circa 100.000 litri di acqua all'anno!…

Troppo semplice e bella per essere vera? Niente affatto.

L'invenzione non solo è vera, ma ha già fatto la sua comparsa.

L'incredibile impegno di Thinkphi (frenato solo dalla pandemia) ha prodotto l'installazione di ben 200 Ulta Chaata dal 2018 ad oggi.
Perfino la pensilina di una stazione ferroviaria! Chiaro, rispetto alla popolazione Indiana è come dire il nulla.

Eppure, questo "ombrello" ha recuperato quasi 50 milioni di litri di acqua all'anno e generato 337.500 kWh di energia.

Non è chiaro come potrà progredire questa startup nei prossimi anni, ma una cosa è certa: l'Ulta Chaata è un'idea brillante che nel suo piccolo potrebbe cambiare la vita di molte persone.

Fonte: Gianluca Riccio. Futuro prossimo 29 marzo 2023.

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La terra diventa batteria. La spagnola Bioo usa la natura per illuminare parchi e hotel.
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Usare la terra e i suoi microrganismi come elementi di una batteria che può produrre poca energia elettrica ma sufficiente ad alimentare applicazioni luminose a LED nel terreno.

La tecnologia è già installabile.

Al Mobile World Congress di Barcellona la terra diventa una batteria. Abbiamo visto l’invenzione dell’azienda spagnola Bioo, fondata nel 2015, che nel 2016 ha già ricevuto le attenzioni di Google per essere stata una delle startup più interessanti.

Il concetto alla base della batteria biologica Bioo è quello di sfruttare l’energia prodotta dai microrganismi del terreno per alimentare fino a sei applicazioni luminose un’area di 49 metri quadrati, così da usare la natura per illuminare parchi e zone esterne di hotel e altre strutture.

A differenza di una batteria comune, in cui gli ioni sono quelli di litio che si muovono in un elettrolita tra anodo e catodo liberando gli elettroni che scorrono lungo un collegamento esterno per produrre l’energia, nella batteria biologica gli ioni sono quelli di idrogeno prodotti dai microrganismi, che "lavorano" di giorno ma anche di notte.

Quando piove, o quando il terreno viene irrigato, i nutrienti e i microrganismi percolano dal terreno nella batteria biologica di Bioo.

All'interno della batteria, i microrganismi che si nutrono di materia organica producono protoni ed elettroni, inviando gli elettroni all'anodo e i protoni al catodo.

L'aria entra attraverso i fori superiori del pannello Bioo per raggiungere il catodo.

A loro volta, gli elettroni arrivano attraverso un circuito elettrico dall'anodo per reagire con l'ossigeno e i protoni, conducendo all'acqua e permettendo la produzione di energia.

La produzione di energia non è tanta, solo 15 Wh al giorno in un’area di 49 metri quadrati, ma sufficiente per alimentare sei piccoli punti luce LED o un solo punto luce più grande.
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Secondo Bioo, le aree che fungono da batteria biologica, hanno bisogno del 50% in meno di irrigazione, grazie alla loro capacità di generare acqua come sottoprodotto e di sfruttare il proprio sistema di irrigazione sotterranea dotato di sensori.

Bioo ha detto che la tecnologia è installabile da quest’anno e che ha già in cantiere dei progetti.

Fonte: Segio Donato D.Day.it 01/03/2023

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In Belgio la prima “isola energetica” artificiale per l’eolico offshore.

I lavori partiranno nel 2024 nel Mare del Nord.

Sarà grande quanto 12 campi da calcio e collegherà tra loro e con la terraferma 3,5 GW di turbine. Il primo hub integrato europeo con interconnettori elettrici verso Danimarca e Gran Bretagna.
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Sorgerà in Belgio, nel Mare del Nord, a 45 km dalle coste, la prima isola energetica artificiale del mondo, grande quanto una dozzina di campi da calcio (circa 6 ettari).

Si chiamerà Princess Elisabeth e sarà una vera e propria estensione in mare della rete elettrica nazionale, al fine di collegare la terraferma con i parchi eolici offshore e diventare un nodo centrale per future interconnessioni elettriche con altri Paesi, tra cui Danimarca e Gran Bretagna (tramite i progetti Nautilus e TritonLink).

Ad annunciare la prossima realizzazione di questa isola – i lavori partiranno nel 2024 e dureranno due anni e mezzo – è il gestore belga delle linee elettriche ad alta tensione, Elia, precisando in una nota che a vincere il bando del contratto EPCI (Engineering, Procurement, Construction & Installation) è stata TM Edison, joint venture formata dai gruppi Jan De Nul e DEME, specializzati in costruzioni offshore.

Tra 2026 e 2030 verranno commissionati e realizzati i lavori per le infrastrutture elettriche ad alta tensione, indispensabili per connettere 3,5 GW di eolico offshore della Princess Elisabeth wind zone con la nuova isola e poi con la terraferma.

La costruzione avverrà con cassoni di cemento riempiti di sabbia, si spiega; ci sarà anche un piccolo porto e una piattaforma di atterraggio per elicotteri.

Per quanto riguarda i costi, si dice solo che il progetto è sostenuto dal governo belga con 100 milioni di euro tramite il Recovery Plan post-Covid.

Princess Elisabeth, evidenzia la nota, sarà anche il primo elemento di una rete elettrica offshore europea integrata, che collegherà insieme vari hub e Paesi. Ad esempio, il Belgio intende sviluppare nuove interconnessioni congiunte con la Gran Bretagna e la Danimarca, in modo da accedere a quantità sempre maggiori di energia rinnovabile e ridurre gli usi di combustibili fossili.

Si parla di interconnessioni “ibride” perché consentiranno a diversi Paesi di scambiare più facilmente energia elettrica rinnovabile, soprattutto quella generata dai parchi eolici nel Mare del Nord, combinando le capacità di generazione e di trasmissione.

Ricordiamo, a questo proposito, che i Paesi Ue stanno pianificando la realizzazione di impianti offshore con una strategia più coordinata, puntando a creare delle reti di parchi eolici in grado di ridurre i costi di installazione e gli impatti ambientali, oltre a ottimizzare le prestazioni energetiche dei diversi impianti e le capacità di trasporto dei cavi sottomarini.

La pianificazione riguarda cinque bacini marittimi, tra cui appunto il Mare del Nord.

Obiettivo è raggiungere circa 111 GW di potenza cumulativa offshore al 2030.

Fonte: Qualenergia. It 8 marzo 2023

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
Sergio Saladini